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Locazioni commerciali e Coronavirus.


I vari provvedimenti adottati dal Governo in questo periodo nell'ambito delle misure per il contenimento del Coronavirus sono andati a incidere anche sui rapporti commerciali.

In particolare la chiusura degli esercizi commerciali ha generato il problema del pagamento del canone di locazione portando molti inquilini a chiedere la riduzione o addirittura la sospensione per intero.

Il fondamento di tali richieste è stato rinvenuto in due istituti del nostro ordinamento previsti nel caso di contratti a prestazioni corrispettive:

  1. impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore
  2. eccessiva onerosità della prestazione, in questo caso il pagamento del canone di locazione.

A questi istituti si aggiungono poi quello della risoluzione del contratto e del recesso unilaterale qualora il contratto sia divenuto intollerabile e non più utile. In questo caso è evidente che il risultato sarà lo scioglimento del vincolo contrattuale con restituzione dell'immobile libero da ogni bene. Il conduttore potrà appellarsi all'art. 27 della Lg. 392/78 invocando i gravi motivi e dando comunque un preavviso di sei mesi.

I gravi motivi dovranno essere specificati nella disdetta e dovranno essere:

  • estranei alla volontà del conduttore
  • imprevedibili
  • sopravvenuti
  • tali da rendere estremamente gravosa la prosecuzione

Analizzando la giurisprudenza di legittimità, l'istituto appena analizzato sembrerebbe applicabile anche alla situazione attuale in quanto la Cassazione ha considerato la “ gravità della crisi economica determinatasi in relazione alla collocazione geografica dell'attività commerciale svolta all’interno dell’immobile locato ” un motivo legittimo per richiedere il recesso. (Corte di Cassazione, Terza Sezione, Sentenza n. 23639/2019)


L'impossibilità sopravvenuta

L'art. 1256 cc afferma che “L'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile"

L'impossibilità deve essere:

- sopravvenuta: deve sorgere dopo l'origine dell'obbligazione

- oggettiva e assoluta: la prestazione deve essere oggettivamente impossibile e non divenuta impossibile solo per il debitore che, ad esempio, non può invocare l'impossibilità adducendo di non avere i mezzi economici per adempiere. In questo caso si tratterebbe di impossibilità soggettiva

- non imputabile al debitore: l'impossibilità deve essere indipendente dal comportamento del debitore. Dovrà dipendere da caso fortuito o forza maggiore.

- definitiva: l'impossibilità deve essere tale da non consentire in alcun modo l'adempimento

Nel caso dell'emergenza attualmente in atto nel nostro Paese, dobbiamo capire se i provvedimenti adottati possano aver reso impossibili determinate prestazioni in ottemperanza a quanto previsto dal Codice Civile.

Occorre fare una distinzione tra i contratti pubblici e i rapporti tra privati.

Nel primo caso infatti ogni dubbio è fugato proprio da uno dei provvedimenti di contenimento, ovvero il Decreto Legge c.d. Cura Italia che ha espressamente previsto che i l rispetto delle misure di contenimento è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore.

I rapporti privatistici richiedono invece un'analisi caso per caso, valutando l'incidenza delle misure sul vincolo contrattuale e l'effettiva possibilità di adempiere.

Uno dei rapporti privatistici maggiormente interessato dalle misure di contenimento è senz'altro il contratto di locazione di immobili ad uso commerciale.

Nel caso della locazione, la Corte di Cassazione ha affermato che l'obbligazione pecuniaria è sempre oggettivamente possibile potendosi in caso configurare solo una difficoltà economica del conduttore, configurandosi cosi come un'impossibilità a carattere soggettivo.


L'eccessiva onerosità sopravvenuta

L'art. 1467 c.c. invece disciplina l'istituto della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta affermando “Nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle part i è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili , la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall'articolo 1458 .

La risoluzione non può essere domandat a se la sopravvenuta onerosità rientra nell'alea normale del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”

Siamo quindi di fronte al caso di un evento straordinario che renda l’esecuzione della prestazione non impossibile, ma più onerosa rispetto a quanto previsto.

La parte interessata dall'eccessiva onerosità potrà richiedere la risoluzione del contratto e la controparte, per evitarla, potrà intervenire con modifiche volte a ristabilire l'equilibrio contrattuale.

Tale istituto però richiede la prova specifica dell'alterazione, per cause totalmente imprevedibili, delle originarie condizioni contrattuali.

Come nel caso dell'impossibilità sopravvenuta quindi, anche in questo caso, è richiesto il carattere oggettivo, non essendo sufficiente la semplice difficoltà economica.


Conclusioni
Il conduttore quindi può invocare l'impossibilità sopravvenuta o l'eccessiva onerosità dell'obbligazione, richiedendo la sospensione o riduzione del canone di locazione?

Il contratto di locazione è caratterizzato da due prestazioni corrispettive:

  • quella del locatore, ovvero mettere a disposizione un bene immobile idoneo all'uso
  • quella del conduttore, che consiste nel corrispondere un corrispettivo per il godimento del bene immobile.
  • È evidente come le misure restrittive non abbiano in alcun modo inciso nella prestazione del locatore. La corte di Cassazione ha affermato che “ La sospensione totale o parziale dell'adempimento dell'obbligazione del conduttore è, difatti, legittima soltanto qualora venga completamente a mancare la controprestazione da parte del locatore, costituendo altrimenti un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti”

Il conduttore è quindi legittimato alla sospensione o riduzione solo in caso di inadempimento da parte del proprietario.

In questo periodo, gli immobili locati risultano comunque essere ancora nell’esclusiva disponibilità dei conduttori.

Difficile poi ipotizzare un'applicabilità dell'istituto dell'eccessiva onerosità sopravvenuta. In questo caso infatti il conduttore dovrebbe dimostrare che a causa della chiusura forzata dell'attività si trova in una situazione di indigenza tale da necessitare di interventi straordinari per il rifinanziamento.

Di sospensione non parla neanche il Decreto Cura Italia che all'art. 65 ha previsto a favore del conduttore esercente attività d'impresa un credito d'imposta pari al 60% del canone di locazione.

Non si tratta di una sospensione dei pagamenti dei canoni di locazione, bensì di un'agevolazione, una misura che consente la compensazione con altri debiti fiscali. Ma il canone di locazione resta sempre dovuto!

Si evidenzia come quanto sopra affermato è un discorso generale, valido per la maggior parte dei casi.

Ovviamente poi vi possono essere casi, rari, in cui possono trovare applicazione gli istituti sopra descritti.

Tuttavia in questo periodo è forse meglio affidarsi alla ragionevolezza e buona fede delle parti interessati che ben possono raggiungere accordi aventi ad oggetto sospensioni, riduzioni o posticipazioni del pagamento del canone, rinegoziando modalità e termini del vincolo contrattuale.

In questo caso, gli accordi raggiunti dovranno essere registrati all'Agenzia delle Entrate. Solo così il locatore potrà vedersi proporzionalmente ridurre anche le imposte che dovrà corrispondere sul minor canone percepito.

In caso di raggiunto accordo in ordine alla sospensione del canone, ad oggi non sono note le eventuali conseguenze sulle imposte a carico del proprietario dell'immobile.

by Avv. Guglielmo Mossuto