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INSULTI SUI SOCIAL: SUSSISTE IL REATO DI DIFFAMAZIONE

Gli insulti sui social integrano gli estremi del reato di diffamazione.

Recentemente è tornata sul punto la Corte di Cassazione che si è trovata a dover giudicare il caso di un uomo che aveva pubblicato su Facebook commenti contro un’azienda e alla luce di questo era stato condannato in primo grado al pagamento di una multa.

Nel caso di specie l’uomo si era nascosto dietro un falso profilo attraverso il quale aveva postato alcuni commenti contro i prodotti di un’azienda olearia all’interno di una discussione sorta a commento di un articolo de Il Sole 24 ore sulla Green economy.


I commenti furono ritenuti così pesanti da spingere i vertici dell’azienda a denunciare l'uomo che, dopo le indagini della polizia postale, è stato identificato.

Già in passato la Cassazione si era pronunciata in materia. Precisamente con la sentenza 2723/2017 aveva affermato che "la divulgazione di un messaggio tramite Facebook, ha, per la natura di questo mezzo, potenzialmente la capacità di raggiungere un numero indeterminato di persone, che, del resto, si avvalgono del social network proprio allo scopo di instaurare e coltivare relazioni interpersonali allargate ad un gruppo di frequentatori non determinato; pertanto se il contenuto della comunicazione in siffatto modo trasmessa è di carattere denigratorio, la stessa è idonea ad integrare il delitto di diffamazione”.

Solo un anno prima, con la sentenza 8328/2016 aveva invece riconosciuto la sussistenza dell’aggravante nel caso di diffamazione a mezzo social. Infatti in questo caso la potenziale diffusione delle offese è decisamente più estesa e proprio per tale motivo tale condotta integra il reato di diffamazione aggravata.


REATO DI DIFFAMAZIONE: DI COSA SI TRATTA?

Il reato di diffamazione sussiste ogniqualvolta un soggetto offenda la reputazione altrui in pubblico senza che l’interessato sia presente e possa difendersi.

I presupposti per la sussistenza del reato sono tre:

1) L’indicazione del destinatario. Non è necessario che siano indicati nome e cognome ma è sufficiente il riferimento a caratteristiche che consentano la sua identificazione in modo inequivocabile.

2) La consapevolezza di offendere. A tal fine è sufficiente la volontà di porre in essere l’azione anche qualora il soggetto fosse ignaro delle conseguenze che ne potevano scaturire.

3) La comunicazione deve essere rivolta a più persone. Nel caso di diffamazione a mezzo social vi è anche la coscienza del rischio che il post o il commento potrebbero essere condivisi da altri utenti innescando una catena di condivisione incontrollabile.

A tal proposito si evidenzia la recente pronuncia della Cassazione, con riferimento all'individuazione dell'autore della diffamazione (sentenza n. 5352/2018, Cass. Pen. Sez. V). La Suprema Corte ha sottolineato come ai fini della condanna sia necessario l'accertamento dell'indirizzo IP da cui proviene il messaggio offensivo. Solo attraverso questa verifica è infatti possibile stabilire oltre ogni ragionevole dubbio la corrispondenza tra la persona fisica e il nickname che ha diffuso il messaggio diffamatorio.


QUALE E’ LA PENA?

Chi pubblica su Facebook o altri social network frasi ingiuriose, offensive, denigratorie atte a ledere l’altrui dignità rischia la reclusione fino ad un anno o una multa fino a 1.032 euro che può aumentare a 2 anni - o 2.065 euro di multa - qualora, oltre ad una offesa genericamente formulata venga anche attribuito un episodio o una condotta determinata.

E' bene quindi prestare molta attenzione a ciò che scriviamo e alle parole che utilizziamo perchè un'offesa, oltre che essere sintomo di maleducazione, può integrare un vero e proprio reato e portare quindi dritta ad una condanna penale.

by Avv. Guglielmo Mossuto