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Il coniuge superstite e la casa familiare

Avv. Guglielmo Mossuto • giu 23, 2022

All’art 1022 del codice civile si stabilisce che chi ha il diritto di abitazione di una casa può abitarla, limitatamente ai bisogni suoi e della sua famiglia. Ma cosa succede alla morte di uno dei due coniugi (magari la morte del proprietario dell’abitazione familiare)?

La figura del coniuge, per natura, sappiamo essere quella del familiare più vicino al defunto, rientra ed è il primo tra i soggetti “legittimari”, cioè quei familiari ai quali è sempre riconosciuto il diritto di percepire una quota dell’eredità in virtù del principio di solidarietà familiare. Al coniuge superstite, in particolare, ex art 540 del codice civile, è riservata la metà del patrimonio del coniuge defunto, salvo poi le disposizioni in caso di figli, i quali se presenti concorrono col coniuge superstite.  

Al coniuge in vita però, non spetta solo una quota del patrimonio del defunto ma a lui sono riservati anche i diritti di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. In parole semplici, può continuare ad abitare nella casa adibita a residenza della famiglia e può continuare a usare i mobili che lì si trovano.

Accanto a questo principio generale esistono, tuttavia, delle limitazioni.

I diritti di abitazione e di uso del mobilio dell’immobile non spettano infatti al coniuge che ha lasciato la casa coniugale e ha stabilito altrove la propria residenza, non spettano a colui che non risulta ancora legato al defunto da un vincolo matrimoniale e non possono riguardare le seconde case ma solo l’abitazione principale. Sono diritti che non sono trasferibili a terzi e da essi si decade nel momento in cui l’abitazione dovesse essere concessa in locazione a terzi. Inoltre, i diritti non spettano nell’ipotesi in cui la casa familiare sia in comunione tra il coniuge defunto ed un terzo (Cassazione n.6691/2000), perché l’abitazione su cui il coniuge superstite ha quei diritti dev’essere necessariamente di proprietà del consorte defunto, o al massimo in comunione tra il coniuge venuto a mancare e il coniuge ancora in vita, solo in questi due casi a quest’ultimo spetta il diritto di abitazione e di uso dei mobili.

Questo principio è stato recentemente ribadito dalla Cassazione n.15000/2021: la seconda moglie dopo la morte del marito aveva fatto richiesta di divisione dell’immobile adibito ad abitazione familiare e anche della restituzione dei gioielli e dei beni mobili lì presenti; tuttavia, queste richieste vengono respinte dalla Cassazione perché vi è un comproprietario dell’immobile, nella specie, la prima moglie. Le uniche ipotesi simili, in cui al coniuge superstite potrebbe comunque spettare un equivalente monetario rimangono quelle riportate dalla Cassazione n.15594/2004: l’ipotesi in cui la residenza familiare sia ubicata in un immobile in comproprietà e per il principio di indivisibilità dell’immobile, non è possibile distaccare la porzione spettante al coniuge qualora l’immobile fosse assegnato ad un altro condividente; e l’ipotesi di vendita all’incanto dell’immobile ritenuto indivisibile; ma questo perché in entrambi i casi si verrebbe a creare una convergenza sullo stesso immobile del diritto di proprietà del terzo e del diritto di abitazione del coniuge superstite e per questo a quest’ultimo spetta un equivalente monetario.

Avv. Guglielmo Mossuto

by Avv. Guglielmo Mossuto