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Assegno divorzile: la Cassazione è ferma sulla funzione perequativa

Avv. Guglielmo Mossuto • giu 21, 2022

L’assegno divorzile è l’obbligo di uno dei coniugi di corrispondere all’altro, un contributo economico - una somma periodica - a seguito di una pronuncia di divorzio. L’assegno divorzile non va confuso con l’assegno di mantenimento, che viene invece stabilito a seguito della separazione personale dei coniugi. Ricordiamo infatti la differenza sostanziale tra l’istituto della separazione, sia consensuale o giudiziale, e l’istituto del divorzio. Solo l’istituto del divorzio fa cessare infatti i diritti e i doveri che derivano dal vincolo matrimoniale, questo perché il divorzio scioglie il matrimonio, la separazione lo sospende; per questo infatti, solo per i coniugi che sono in stato di separazione è ancora possibile procedere ad un’eventuale riconciliazione e ristabilire le condizioni per tornare ad essere coniugi ed è anche per questo che, a differenza dell’assegno divorzile, l’assegno di mantenimento presuppone ancora l’esistenza di un vincolo matrimoniale e viene erogato dal momento della separazione fino all’eventuale momento del divorzio.


Il tribunale, quando pronuncia la sentenza di divorzio, che pone fine agli effetti civili del matrimonio, dispone per l’assegno divorzile da parte di un coniuge nei confronti dell’altro “quando questo non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive”; questo secondo l’articolo 5 comma 6 della legge 898/1970 istitutiva dell’assegno divorzile.

L’articolo contiene anche gli indici che il tribunale deve valutare per poter disporre di questo strumento: le condizioni dei coniugi, la ragione della decisione di divorzio, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, il reddito di entrambi, la durata del matrimonio.


Dagli anni Novanta, il criterio del “tenore di vita” dominava in giurisprudenza, facendo sì che, in sede di valutazione dei presupposti citati, fosse favorito dal tribunale “il coniuge debole”, il quale si vedeva disposto spesso e volentieri l’assegno divorzile che doveva essere sufficiente a consentire di mantenere lo stesso tenore di vita goduto dal soggetto durante il matrimonio. Questa interpretazione fu rovesciata dalla c.d. sentenza Grilli (Cass. Civ. I sez. 11 Maggio 2017, n.11504) che attribuì all’assegno divorzile una funzione assistenziale. Questo orientamento ebbe vita breve però, perché l’11 Luglio del 2018, con sentenza n.18287 le Sezioni Unite della Cassazione decisero che la funzione dell’assegno divorzile non poteva essere solo assistenziale, ma doveva essere anche perequativa e compensativa.


È proprio stante l’attribuzione all’assegno divorzile di una funzione perequativa che, recentemente, la Cassazione ha rigettato la domanda di attribuzione dell’assegno di divorzio al coniuge che, dopo la separazione, mantiene la propria capacità lavorativa ma decide di non mettere a frutto le proprie competenze professionali. In pratica, decide di non lavorare.


Nel caso specifico, la donna che ha richiesto l’assegno divorzile, aveva rinunciato a proseguire le sue attività professionali (nel 2013 aveva pubblicato un libro di ricette, in passato aveva collaborato con alcune gallerie d’arte e, considerata esperta nel settore artistico, aveva anche partecipato all’organizzazione di alcune mostre).

La rinuncia è stata una scelta: la donna infatti, pienamente capace, nel periodo del matrimonio -seppur di breve durata - non ha contributo in alcun modo alla formazione del patrimonio comune e pur contando sul personale domestico per la gestione non solo della casa, ma anche dei figli, non ha mai intrapreso un’attività lavorativa. L’ordinanza della Cassazione, recentissima, n.18697/2022, ha detto no. Non sarà disposto a suo favore l’assegno divorzile.


La decisione richiama il principio di diritto enunciato dalla sentenza citata del 2018, in cui si riconosce una composita funzione assistenziale, compensativa e perequativa all’assegno divorzile e si richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi o dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive affinché questo possa essere disposto a favore di un coniuge, presupposti mancanti nel caso di specie.


L’assegno divorzile non è più un contributo economico volto a conseguire l’autosufficienza economica di chi lo richiede, ma segue e si adatta al contributo fornito e al ruolo avuto dall’ex coniuge in costanza di matrimonio. Restando ferma sulla funzione perequativa e compensativa dell’assegno divorzile, la Cassazione ricorda il necessario rispetto del principio costituzionale di solidarietà coniugale e post coniugale.


Avv. Guglielmo Mossuto

by Avv. Guglielmo Mossuto